LA TRADIZIONE DELL' EVOLUZIONE
a cura del M. Simone Pietrobono
Wong
Shun Leung ha rivoluzionato il Ving Tsun tramandatogli da IP Man strutturandolo
come un metodo di allenamento scientifico sperimentale.
La sua conclamata esperienza nei combattimenti (c.d. Beimo) lo ha portato ad avere una particolare attenzione all'osservazione del fenomeno e a considerare la teoria e metodologia partendo da questo.
Prima, ed ancora oggi, a realtà fenomenica del combattimento veniva vista attraverso la teorizzazione del metodo. La teoria portava a dedurre la realtà e considerarla attraverso ipotesi, nozioni o concetti.
L'esperienza conclamata nei suddetti Beimo ha dunque portato il Maestro Wong Shun Leung a plasmare il Ving Tsun partendo dalla sperimentazione reale, ribaltando lo schema classico che valutava i fenomeni reali attraverso postulati e teorizzazioni.
L'esasperazione di questo concetto ha portato e porta ad una eccessiva stallazione teorica perdendo di vista la logica concreta dei fenomeni realistici arrivando addirittura a snaturarne la ragion d'essere della disciplina: l'efficacia.
Di contro il metodo sperimentale si basa principalmente e particolarmente sull'osservazione dei fenomeni fisici, sull'utilizzo della corretta metodica in funzione della sperimentazione riproducibile e ripetibile. La teoria vie e vista in funzione della sperimentazione pratica.
Per comprendere se un esercizio od una metodologia di allenamento (vedi le forme) abbia senso bisognerebbe partire dalla osservazione della realtà e comprendere se quello che si sta facendo abbia un senso logico che spieghi e ricalchi il fenomeno.
Di seguito un articolo di Wong Shun Leung su come egli abbia modernizzato il modo di insegnare il sistema, fino al punto di convincere lo stesso Yip Man a ripensare alcuni concetti o tecniche e alla fine cambiarli o rimuoverli dalle forme e dagli esercizi.
La pratica fa la teoria non vicecersa
La sua conclamata esperienza nei combattimenti (c.d. Beimo) lo ha portato ad avere una particolare attenzione all'osservazione del fenomeno e a considerare la teoria e metodologia partendo da questo.
Prima, ed ancora oggi, a realtà fenomenica del combattimento veniva vista attraverso la teorizzazione del metodo. La teoria portava a dedurre la realtà e considerarla attraverso ipotesi, nozioni o concetti.
L'esperienza conclamata nei suddetti Beimo ha dunque portato il Maestro Wong Shun Leung a plasmare il Ving Tsun partendo dalla sperimentazione reale, ribaltando lo schema classico che valutava i fenomeni reali attraverso postulati e teorizzazioni.
L'esasperazione di questo concetto ha portato e porta ad una eccessiva stallazione teorica perdendo di vista la logica concreta dei fenomeni realistici arrivando addirittura a snaturarne la ragion d'essere della disciplina: l'efficacia.
Di contro il metodo sperimentale si basa principalmente e particolarmente sull'osservazione dei fenomeni fisici, sull'utilizzo della corretta metodica in funzione della sperimentazione riproducibile e ripetibile. La teoria vie e vista in funzione della sperimentazione pratica.
Per comprendere se un esercizio od una metodologia di allenamento (vedi le forme) abbia senso bisognerebbe partire dalla osservazione della realtà e comprendere se quello che si sta facendo abbia un senso logico che spieghi e ricalchi il fenomeno.
Di seguito un articolo di Wong Shun Leung su come egli abbia modernizzato il modo di insegnare il sistema, fino al punto di convincere lo stesso Yip Man a ripensare alcuni concetti o tecniche e alla fine cambiarli o rimuoverli dalle forme e dagli esercizi.
La pratica fa la teoria non vicecersa
Di Sifu Wong Shun Leung (traduzione di Stefano Lena)
"Il tipo
di combattimento a cui mi riferisco in questo articolo non è quello che si può
vedere su un ring di boxe perchè quest’ultimo è stato ristretto da ogni tipo di
regolamentazione, trasformandolo in un gioco o in uno sport molto lontano dalla
realtà del combattimento.
Quello a
cui mi riferisco qui è allo scontro reale, privo di regole e restrizioni, sia
che nasca a causa di un conflitto o per mutuo accordo. Poichè il combattimento
è di fatto un confronto, la struttura e la forza degli avversari
potranno determinare (e di fatto determineranno) il risultato dello scontro,
rendendo complesso cercare di stabilirne l’esito a priori. Il classico cinese
“L’arte della Guerra” di Sun Zi riporta che “In guerra, prima di tutto fai un
piano che ti assicuri la vittoria, poi conduci il tuo esercito in battaglia; se
non ti affidi alla strategia ma solo alla forza, la vittoria non è per nulla
assicurata”.
Entrambi
questi approcci determinano una reazione in termini di causa ed effetto.
Comunque, venendo all’argomento del combattimento, temo che in un articolo come
questo ci sia troppo poco spazio per trattare adeguatamente tutti gli aspetti
rilevanti. Parlerò quindi degli errori più comuni fatti dai praticanti di Ving
Tsun, in modo che possiamo imparare ad evitarli
1 – Chi Sau
Il Chi
Sau (“Mani appiccicose”) è un esercizio di allenamento dei riflessi che deve
essere praticato ripetutamente affinchè si sviluppino risposte corrette
e rapide per soddisfare il requisito di base, essenziale nel sistema
del Ving Tsun, che è: “Intercetta ciò che arriva; segui ciò che se ne va;
quando le mani sono libere da ostacoli, attacca istintivamente”. Questi sono
principi di base ma profondi, che una volta capiti correttamente ed allenati
con il Chi Sau, preparano il praticante di Ving Tsun sia mentalmente che
fisicamente a quello che succederà quando uno ingaggia l’avversario e in questo
modo si trova alla distanza di contatto già dall’inizio.
Se
all’allievo non vengono date spiegazioni dettagliate, lui/lei tenderà a fare
troppo affidamento nell’abilità del Chi Sau, inventandone una propria
interpretazione che porterà ad una forma totalmente scorretta del Chi Sau,
lontano dal percorso previsto. Per esempio, troppa enfasi nell’idea delle “mani
appiccicose” porterà alla cattiva abitudine di “inseguire le mani”
dell’avversario, e così facendo a contraddire totalmente uno dei più
basilari princìpi del Ving Tsun.
All’inizio
della “Piccola idea” (Siu Nim Tau) viene insegnato il concetto di Chu Ying,
cioè di “fronteggiare” l’avversario, per facilitare un posizionamento
favorevole anche prima che lo scontro inizi, in modo da poter scagliare i pugni
lungo la linea più corta possibile con l’attacco più diretto verso l’avversario
prima che si arrivi al contatto vero e proprio. La forma non prevede e non induce
a pensare di doversi “appiccicare” alle mani dell’avversario, perchè l’ampiezza
dei movimenti possibili con le mani è così grande che se uno si focalizza nell’
“inseguire le mani” il risultato sembrerà un gioco fra bambini: tu
vai a sinistra perchè lui gira improvvisamente a sinistra, vai a destra quando
lo fa lui, e così via. Il risultato è che consenti sempre al tuo nemico di
governare le tue mosse e finisci in una posizione passiva, incapace di
attaccare il bersaglio desiderato. Inseguendo le mani dell’avversario,
come colui che mette il carro davanti ai buoi, finirai alla completa
mercè dell’avversario.
Quindi,
quando si combatte, uno dovrebbe fissare lo sguardo sul bersaglio con una sola
idea in mente: quella di attaccare il nemico nel modo più semplice e
diretto. E’ solo quando il tuo attacco trova un ostacolo che devi cambiare
per conseguire il tuo risultato e qui è dove le “mani appiccicose” entrano in
gioco come mezzo per raggiungere uno scopo che è vincere lo scontro.
2 – Dare all’avversario l’opportunità
di attaccare per primo
Vincere o
perdere lo scontro dipende da chi cerca l’opportunità di attaccare per primo il
nemico quando entrambi stanno già combattendo. Come disse Sun Zi, “Quando una
forza d’invasione attraversa un fiume nella sua avanzata, è meglio lasciare che
metà dell’esercito inizi l’attraversata, e quindi lanciare il proprio attacco.”
Raggiungerai
il doppio del risultato con metà dello sforzo se il tuo attacco è lanciato con
questo timing favorevole, poichè l’intenzione dell’avversario, le mosse
successive ed i sui movimenti possono essere facilmente determinati. Quando
questa strategia viene applicata, l’avversario troverà particolarmente
difficile coordinarsi, essendogli virtualmente impossibile avanzare o
retrocedere ed essendo così inevitabile la sua sconfitta.
Un errore
comune di molti praticanti inesperti di Ving Tsun è quello di tirare
i pungi da troppo lontano, lasciando troppa distanza fra loro e
l’avversario. Una mossa così goffa e avventata dà all’avversario l’opportunità di
attaccare per primo. Quindi quando sei coinvolto in uno scontro con
l’avversario, non essere mai impaziente. Non attaccare finchè non sei alla
distanza di un passo dal tuo nemico, poi lancia un rapido attacco per cogliere
il nemico del tutto impreparato. Lanciando un attacco improvviso in questo modo
si guadagna il vantaggio di un passo in più verso l’avversario, rendendogli
molto difficile reagire in tempo, riuscendo solamente a fare un timido
tentativo di mezzo passo a destra o sinistra, oppure ad arretrare. In questo
modo diventa molto semplice rimanere in contatto con il nemico, mantenendo il
controllo della situazione influenzando il suo equilibrio e la sua posizione.
3 – Abbandonare ideali irreali
Avere
ideali irreali circa il combattimento provoca un nervosismo eccessivo.
In teoria
il Ving Tsun è perfetto, se uno riesce a metterlo in pratica completamente, ma
la teoria è solo una teoria e nessuno riesce a raggiungere quello
stato di perfezione: gli esseri umani sono tutti soggetti a commettere errori
prima o poi. Abbiamo tutti due mani e due piedi, punti di forza e di
debolezza, e così via. Siamo tutti soggetti alle stesse condizioni, così
dobbiamo combattere duramente.
Il
fattore più determinante è il livello di abilità che ogni combattente possiede.
Se hai il 70% di possibilità di vincere, c’è ne è ancora un 30% di essere
sconfitti. Guardando i campionati mondiali di boxe, anche il vincitore del
match prende diversi colpi dal suo avversario prima di finalizzare la
competizione. Invce al giorno d’oggi molti istruttori di Ving
Tsun propagando cose inverosimili e trasformano volontariamente cose semplici
in mister e magie, imbrogliando i loro allievi e loro stessi. Fino a questo
punto arriva la vergogna. Sarebbe molto meglio preparare gli allievi
sia mentalmente che fisicamente allo scontro, rendendoli consapevoli della
realtà del combattimento e specialmente del fatto che è normale che uno debba
sopportare almeno uno o due colpi nel corso dello scontro.
In questo
modo, quando lo scontro si verificasse davvero, uno non si troverebbe pieno di
dubbi e senza sapere cosa fare.
4 – Evita l’esitazione a tutti
i costi
Per
combattere, bisogna trovarsi alla distanza da cui entrambi possono attaccarsi a
vicenda. Entrambi hanno pari opportunità di attacco, non c’è tempo per
pensare allo scontro in termini di pugni e calci. L’abilità e l’esperienza
guadagnati con l’allenamento costante faranno adesso la differenza. Vincere o
perdere è una questione pressochè aperta, che sarà determinata da ciò che
ognuno si porta dentro. Non importa quello che accade, non si deve mai esitare
una volta che lo scontro è iniziato. Farlo comporterà molti problemi inutili. I
calci alti che si vedono spesso nei film e che vengono esibiti con apparente
facilità sono, nella realtà, impraticabili. Se un calcio alto viene eseguito in
un combattimento reale, è difficile se non impossibile eseguirne un secondo nel
caso in cui il primo sia andato a segno. Sia che l’avversario cada o no, sarà
fuori portata affinchè qualsiasi successivo calcio possa risultare efficace.
Forse, se l’avversario viene colpito con un calcio laterale o arretra in linea
retta potrebbe esserci l’opportunità di calciare di seguito, ma le Leggi della
Fisica rendono questa situazione molto improbabile. Se il nemico ha paura dello
scontro indietreggerà velocemente ed il tuo secondo calcio fallirà sicuramente
poichè anche il primo avrà fallito il suo bersaglio, continuando in un ritmo
sbagliato proprio come succede nel ballo e nella musica.
Solo
quelli che esitano vengono colpiti. Uno deve avanzare o retrocedere in base alla situazione,
altrimenti la possibilità di guadagnare il controllo scomparirà in un battito
di ciglia.
I punti
di cui sopra non ti insegneranno come vincere, ma ti consentiranno di ridurre
per quanto possibile i tuoi errori. Nella sostanza, vincere dipenderà
da quanto duro e costantemente ti sei allenato o no, dalla volontà
di vincere, dalla perseveranza, da quanta forza fisica riesci a generare, dalla
tua fiducia in te stesso, e così via.
Il
raggiungimento dello stato supremo di “cuore calmo e respiro leggero”, cioè
dell’abilità di combattere senza paura e con il totale controllo del corpo e
della mente, si può ottenere solo a partire dalla base di tutte le condizioni
descritte.